Può il lusso riuscire a sopravvivere in tempi di crisi?

Se la moda è quel meraviglioso settore creativo che, nella sua continua ricerca, stagione dopo stagione, degli “strumenti” grazie ai quali ciascuna persona può calibrare giorno dopo giorno e in modo sempre più puntuale e appropriato la propria immagine, presiede all’evoluzione del vestire come atto espressivo dell’essere umano, essa propone una amplissima gamma di opzioni progressivamente sempre più appetibili ma anche sempre più dispendiose.

Analogamente agli altri settori creativi, quello della moda propone oggetti (anche estremi per qualità ed eleganza formale) tali che desiderarli o aspirare ad averli configura l’ipotesi del lusso come esclusiva disponibilità di capi preziosi, rari e firmati.

E infatti, cos’è il lusso, quello autentico, se non proprio la risposta ai bisogni umani?

Nel corso del tempo il termine “lusso” ha acquisito diversi significati, spesso ambigui e contrastanti, in quanto contrappone alla negatività che scaturisce dall’idea di eccesso e dissolutezza, il fascino di concetti quali fasto e magnificenza che suggeriscono scenari più accattivanti.

Pur mantenendo alcune caratteristiche sostanziali che lo ricollegano ai significati del passato, attualmente il concetto di “lusso” ha subito variazioni correlate ai mutamenti della società e al modo di intendere il rapporto tra gli individui.

Gli oggetti che indossiamo, di cui ci serviamo e che utilizziamo più o meno quotidianamente parlano sempre più spesso di noi, raccontano talvolta i lati meno evidenti del nostro carattere o ci permettono di esprimere lo status raggiunto.

Fino a non molto tempo fa, il concetto di lusso veniva immediatamente paragonato ai grandi brand e marchi ormai entrati nel quotidiano di ciascuno grazie alle forti campagne pubblicitarie che ruotano dietro di essi, che spesso ne giustificavano l’elevato valore economico, senza magari tenere in considerazione dettagli importanti quali la creatività e l’innovazione, la qualità e la ricercatezza. Tutto ruotava intorno alla capacità di questi beni di lusso di attribuire uno stato di prestigio ai soggetti che riuscissero a raggiungerlo o che lo utilizzassero per gratificare le proprie ambizioni, e quindi capace di far vivere emozioni esclusive.

Ma è giusto considerare ancora il valore simbolico della marca come funzione di guida per il consumatore nell’acquisto di un determinato bene o prodotto?

Che scala di valore attribuire oggi al brand, alle immagini consolidate da forti campagne pubblicitarie, quando la recessione economica globale ha influito negativamente anche sui mercati dei beni di lusso, tradizionalmente considerati “recession proof” ovvero, meno soggetti a cali significativi della domanda?

Si è giunti quindi ad una nuova visione del concetto di lusso.

Oggigiorno il lusso è diventato per lo più una filosofia, un concetto di nicchia che pur allontanandosi dall’ostentazione, carica di attese l’atto di possedere un determinato oggetto, e privilegia la qualità alla quantità, cura i dettagli e rifiuta lo sfarzo estremo.

Unicità, esclusività e ricercatezza sono gli elementi essenziali che contraddistinguono i prodotti di lusso: possederli è un piacere e lavorarli è un’arte, scommettendo quindi sulla lavorazione artigianale, sulla qualità delle materie prime, sulla presentazione dei prodotti in contesti di nicchia.  E in simile contesto, il concetto del Made in Italy non rappresenta altro che il fiore all’occhiello per tutti quegli articoli che vengono considerati beni di lusso in tutto il mondo, e di cui l’Italia intera non può far altro che andarne fiera.

E visto che il lusso offre la possibilità di scegliere, di potersi permettere di non essere omologato, di non seguire la massa, bisogna iniziare a spostarsi dalla convinzione che solo i grandi marchi siano in grado di far raggiungere uno status elitario: sono ancora tante le realtà, in questo caso italiane, che nonostante i tempi duri, puntano ancora sulla perfezione delle lavorazioni e sull’impeccabilità dei materiali, rifiutando di de localizzare la produzione altrove, dove i costi sono sicuramente più bassi ma tutto a discapito di qualità e precisione.

Insomma, è nei piccoli centri e laboratori di artigiani che si scoprono le grandi opere d’arte che, proprio perché pezzi unici nella loro fattezza e ricercatezza, difficilmente si trovano a combattere, a differenza dei noti marchi sul mercato, del problema della falsificazione.

 

Dopotutto la stessa Coco Chanel sosteneva che il lusso “non giace nella ricchezza e nel fasto, ma nell’assenza della volgarità”: non occorre obbligatoriamente sfoggiare un brand o un logo facilmente riconoscibile per vantare quello status che il lusso “commerciale” riesce a conferire, ma bisogna riuscire ad appagare i propri sensi e la propria esigenza di qualità e ricercatezza….puntando sui prodotti artigianali di alta manifattura: è questo il vero lusso!